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  • Immagine del redattoreAlessia Luongo

Lamento d'Arianna: l'anello di congiunzione tra Monteverdi e la commedia dell'arte



Oggi ricorre il compleanno di una personalità grande, musicista immenso che elevò l’arte fino a compiere la genesi dell’opera. A lui, a Claudio Monteverdi, si deve lo slancio verso la nascita del genere operistico, lui che riuscì con la “seconda prattica” ad aprire una strada al barocco.

“Sovrano artista conciliatore” (Abbiati), ebbe modo di poter creare una splendida epoca tra il vecchio e il nuovo. Il Monteverdi muove dalla polifonia e vi inserisce lo stile recitativo, raggiunge espressività e vette incredibili coi suoi madrigali e con l’uso del basso numerato. Egli regala ai personaggi delle sue opere un’immensa drammaticità. Le pause e gli stacchi nelle sue opere colmano con efficacia i momenti in cui invece viene lasciato il parlato in maniera ininterrotta e continua.

Nella storia di questo straordinario Maestro, si incrociano le vicende di Virginia Ramponi Andreini, e quindi si crea un connubio fondamentale tra la musica colta e di corte con la commedia dell’arte e l’esperienza della strada e dei palchetti.

Com’è giusto che fosse a quell’epoca, parliamo degli inizi del 1600… eri obbligato a conoscere i maledetti demoni, i commedianti e saltimbanchi che stavano conquistando tutta l’Europa, dalle piazze alle corti.

Virginia Ramponi nasce nel 1538, sposa nel 1601 Giambattista Andreini, figlio di Isabella e Francesco Andreini, ovvero nientemeno che la “Compagnia dei Gelosi”, la compagnia di commedianti più in voga di quell’epoca e la Isabella che ho citato è proprio lei, la divina Isabella Andreini, una delle prime donne ad aver recitato in scena, fama a bravura che si tramandano ancora a distanza di secoli e secoli.

Virginia Ramponi da subito viene molto spinta dal marito perché vede in lei una massima espressività teatrale e su questo non ha torto, da bravo compagno e maestro vede più avanti di lei, infatti, Virginia Ramponi ha una spiccata bravura recitativa che la rende già più brava delle colleghe dell’epoca, ma domina su tutte per la capacità canora notevole ed espressiva (Giambattista Andreini infatti scriverà per lei La Ferinda, commedia musicale del 1622 che ha un’importanza musicologica fondamentale dal momento che rappresenta il progressivo mutamento della percezione dell’opera in musica e quindi dello spettacolo musicale. Piena di lazzi, con indicazioni musicali già molto precise, sarebbe da aprire un altro articolo).

L’incontro con il sommo Claudio Monteverdi avviene in maniera del tutto casuale, assurdo e come sempre magico. Nel 1605 la compagnia di comici fu ingaggiata dal duca di Mantova, Vincenzo Gonzaga. Egli cerca un intrattenimento spettacolare per allietare le feste che si sarebbero tenute a corte per celebrare il matrimonio di Margherita di Savoia con Francesco Gonzaga, primogenito del duca. Insomma, un ingaggio sostanzioso, e pensare che quelli erano gli ingaggi che potevano concepire i commedianti, che appunto, andavano per corti e piazze per sbarcare il famoso “lunario” :D

In questa occasione, Virginia Ramponi incontra il compositore Claudio Monteverdi. A lui viene chiesto di comporre un’opera, ovvero, L’Arianna. Inizialmente, il soprano a cui era destinata l’opera era Caterina Martinelli, ma la giovane morì di vaiolo. Il ruolo quindi diventa di Virginia Ramponi Andreini. La storia dell’Arianna è spettacolare e drammatica: Arianna prima abbandonata da Teseo sull'isola di Nasso, si unisce successivamente a Bacco. Stando alle cronache del tempo, il momento più alto dell’atto unico monteverdiano fu l’assolo della scena settima, dove l’attrice canta lo strazio di Arianna abbandonata da Teseo con un’intensità tale da «far piangere molti la sua disgrazia» (Annibale Roncaglia a Cesare d’Este in Modena, Mantova 29 maggio 1608, Modena, Archivio di Stato, Estense, Ambasciatori, Mantova, b. 8, fasc. 6, c. 4rv, in Claudia Burattelli, Spettacoli di corte a Mantova tra Cinque e Seicento, Firenze, Le Lettere, 1999, pp. 44-45). Da lì, la consacrazione a diva europea: tutti la cercano anche solo per interpretare l’aria del Lamento di Arianna. Insomma, Virginia Ramponi impara bene l’arte dalla suocera Isabella; Isabella invece alla sua epoca innamorò il mondo per l’interpretazione della sua follia nello spettacolo La Pazzia di Isabella e le veniva richiesto in continuazione quello spettacolo. Erano famiglie d’arte dove il genio si nutriva di intuizione e necessità, ovvero bisognava lavorare il più possibile per portare la pagnotta a casa e questo i commedianti lo sapevano molto bene. Si dice infatti tramite i racconti del cortigiano mantovano Antonio Costantini, che Virginia Ramponi ebbe tempo di imparare la parte in soli sei giorni e riuscì a lasciare tutti senza parole, colpiti. Il talento innanzitutto, poi ovviamente la sapienza magistrale di saper gestire un mestiere come appunto quello dell’improvvisazione teatrale e musicale.

Dell’opera Arianna su libretto del Rinuccini del Maestro Claudio Monteverdi, non resta che il brano interpretato magistralmente da Virginia, la restante opera è stata completamente perduta.

Questo è un modo inedito tutto mio per non semplicemente raccontare quanto fosse geniale Claudio Monteverdi (quello si sa già e si può sentire), ma evidenziare sempre il rapporto della musica nella commedia dell’arte. Per cui auguri vecio caro Claudio Monteverdi, grazie al quale si assiste alla meravigliosa evoluzione del recitativo e musicale, dallo scambio di battute al canto brillante e alla genesi dell’opera.




«Misera! ancor do loco/ a la tradita speme, e non si spegne,/ fra tanto scherno ancor, d'amore il foco?/ Spegni to, Morte, omai le fiamme indegne.», dopo aver attraversato il purgatorio della penitenza invocando disperata «O madre, o padre, o de l'antico regno/ superbi alberghi,/ ov'ebbi d'or la cuna,/ o servi, o fifi amici (ahi Fato indegno!),/ mirate ove m'ha scorto empia fortuna!/ Mirate di che dual m'han fatto erede/ l'amor mio, la mia fede, e l'altrui inganno./ Così va chi troppo ama e troppo crede» (Claudio Monteverdi, Arianna, Venezia, Imberti, 1622)

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